IL MATRIMONIO NELLA CULTURA CONTADINA SICILIANA

IL MATRIMONIO NELLA CULTURA CONTADINA SICILIANA
A canuscenza
Generalmente, il giorno stabilito per prendere gli accordi del fidanzamento era di una domenica pomeriggio. La scena è la seguente: il fidanzato entrava in casa della futura sposa in compagnia dei genitori e dei parenti più prossimi. Ad attenderlo la giovane con i genitori. Dopo i convenevoli d’uso, i futuri suoceri erano posti a sedere di fronte alla ragazza ed ai suoi parenti. La futura suocera si allontanava dal suo gruppo e si recava a baciare la giovane, le scioglieva i capelli, li pettinava e li intrecciava con un nastro rosso, “ntrizzaturi”, dono del fidanzato come “segno” che lo legava per sempre alla ragazza. La quale, da quel momento sino al giorno delle nozze, avrebbe portato i capelli legati, “segno” di essere promessa sposa. La treccia veniva poi abbellita con la “spatuzza” o spadina d’argento, nei tempi più antichi, e con la “pittinissa” o pettine, nei tempi più recenti. Infine, il fidanzato le metteva al dito il “siiddu”, ossia il sigillo, un piccolo anello d’oro. Terminato il rito della “nzingata”, la futura sposa si recava a baciare le mani ai genitori del fidanzato e si sedeva tra la suocera e la cognata sposata. Per concludere, un parente metteva sulle ginocchia della “zzita” un canestro, all’interno del quale i presenti ponevano un piccolo dono. Poteva essere un fazzoletto, un grembiule, una conacchia, doni ch’ella avrebbe ricambiato anche la domenica successiva con oggetti di egual valore. Tra gli applausi generali aveva luogo il “trattamentu” , il trattenimento a base di càlia (ceci abbrustoliti), di frutta secca, fave, frittelle, vino e rosolio. “U fistinu” terminava con i balli sino a notte fonda.
Tratto da IL MATRIMONIO NELLA CULTURA CONTADINA SICILIANA TRA ‘800 E ‘900 nuoveedizionibohemien.it a cura di Maria Cristina Torrisi
